Extrò Victorian

Extrò Victorian

Extrò Victorian, set in edizione limitata per gli Amici della Pogonotomia, ha una fragranza decisamente raffinata. Esordisce con note agrumate, che dominano l’aroma in un accordo con la lavanda inglese. Quindi un pizzico di spezie e un tocco di muschio si accordano con la resina per rendere elegante chi lo indossa.

Fermo restando che dire di un profumo che è elegante non ha senso in sé. Analogamente non ha senso dire che un profumo è dolce, a meno che non odori di cioccolato o caramello, cioè appartenga alla famiglia olfattiva dei gourmand. Bisogna contestualizzare. I profumi inglesi durante il regno della regina Vittoria (1837-1901), per esempio, erano considerati molto eccentrici per il loro tempo, quando le fragranze d’Oriente dominavano la scena.

La ricetta del profumo, intesa come istruzioni per la sua praparazione, sebbene variata nelle dosi e nella miscela, è rimasta comunque invariata per secoli. Cambiavano gli ingredienti profumati, ma il catalizzatore di fondo, l’alcool o alcuni oli, erano irrinunciabili; solo con lo sviluppo tecnologico e la scoperta e introduzione di nuove sostanze il modo di concepire il profumo cambiò. Preparare un profumo può apparire semplice, ma è in verità una materia complessa che mescola chimica e alchimia. Pensate che nella dicitura “profumo” o “fragranza” fra gli ingredienti del prodotto si può nascondere una miscela di una ottantina di componenti, questo per fare in modo che l’aroma principale abbia anche altri retrogusti che suscitino determinate reazioni ad un’annusata più attenta o anche in maniera inconsapevole al naso; quest’ultima qualità rientra nella cosiddetta soglia di percezione del profumo, ovverossia un’aura percepibile, ma un po’ indistinta e indefinita. Proprio come la sensazione di eleganza.

Una rivoluzione sostanziale nella storia profumiera europea avvenne proprio nel periodo vittoriano, quando, ormai stufi di mughetti, violette e calendule, tutte piante graziose e profumate, ma un po’ abusate, e grazie alle importazioni dalle numerose colonie britanniche e francesi, i profumieri di Londra e Parigi incominciarono ad adoperare erbe e fiori prima ignorati nelle ricette, come la vaniglia, lo ylang-ylang, il frangipani e tanto altro ancora. Non a caso questi prodotti, ancora oggi, si chiamano “colonie”.

Come per tutte le mode, anche nell’Ottocento si susseguirono periodi diversi di preferenze, nella seconda metà del secolo, per esempio, tornarono le fragranze estremamente fiorite e delicate e il mughetto conobbe un grande periodo di popolarità insieme all’intramontabile rosa, sul finire, invece, la delicatezza cedette il posto a qualcosa di un poco meno affettato (il mughetto era diventato da vecchi) ed essenze agrumate o esotiche, ma non soffocanti, divennero le prescelte.

Così, passata l’austerity del tempo di Napoleone e del ritorno alla classicità, le donne vittoriane ricominciarono, seppur molto lentamente, ad affacciarsi al mondo della cosmesi. Trucchi, belletti rimasero confinati in un angolo per buona parte dell’Ottocento, relegati all’uso di amanti, prostitute e cortigiane per accentuare i loro tratti e la sensualità della persona, ma il profumo, meno invadente e più sottile forma di seduzione, evolve ancora. Lentamente, nel corso dei decenni, perde la sua caratteristica rustica, diventa prima un aroma naturale e spontaneo, i fiori ritornano padroni delle ricette, le misture dolci, seppur più delicate che in passato, ritornano le preferite delle signore.

Verso la metà dell’Ottocento arriva anche una novità importante: il vaporizzatore, altrimenti detto “profumo a spruzzo”. Fino all’Ottocento il profumo era indossato alla maniera più antica, la boccettina era rovesciata sulla pelle, sulle dita oppure sul tappo, appositamemte formato, e poi delicatamente mosso su polsi, collo, clavicole e solco tra i seni. L’introduzione del vaporizzatore, per quanto geniale e rivoluzionaria, impiegherà comunque molto tempo per essere diffusa e solo dal primo decennio del Novecento incominciò ad essere diffusa in tutto il mondo ed applicata alla maggioranza dei profumi. Sapendo questo, si capisce come nel periodo vittoriano, le ragazze, specialmente quelle nubili, dovevano prestare attenzione a non esagerare e la fragranza prescelta doveva essere percepibile soltanto avvicinandosi molto, ad sempio per parlare o nei balli più stretti, altrimenti era considerato volgare.

In questo senso Extrò Victorian è elegante, e propriamente “vittoriano”, finanche nel contenitore. Non certo in base al mio gradimento personale, sebbene, come si suol dire, la bellezza è soggettiva, ma la bruttezza è oggettiva e ciò, molto probabilmente, è valido anche nel caso del profumo e della puzza.

Tornando alla soglia di percezione del profumo, va detto che, secondo gli standard moderni abbiamo due scale di misurazione delle fragranze. Una, nota ai più, cataloga il profumo in base alle tre componenti o note – TESTA, CUORE e FONDO – che costituiscono la cosiddetta piramide olfattiva del profumo. L’altra, che sembra ignorata da un numero sempre maggiore di persone, analizza intensità ed effetto sulla persona e cataloga il profumo, non in base alle note ma in base alle soglie, come segue:
1) EFFETTO – il naso reagisce al profumo di un’intensità quasi impercettibile;
2) PERCEZIONE – si annusa una certa aria, che non si sa definire;
3) RICONOSCIMENTO – si ricorda il profumo e lo si sa descrivere;
4) PIACERE – si percepisce l’intensità del profumo riconosciuto;
5) ECCESSO – il profumo ha una nota troppo forte e provoca una sensazione d’invadenza;
6) FUGA – l’eccessiva intesità della fragranza diventa repellente.

Extrò Victorian è piacevole. Cioè si ferma alla quarta soglia. Mentre lo spiegone, caratterizzato da vittoriana severità e castigatezza, si ferma qui.

Armando Ilič Misasi, 11 ottobre 2021